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Definire 9 euro ad azione BPVi un'elemosina o accettarli è libertà del socio. L'esperto: avevo scritto per primo che non valeva 62,50 euro, ora dico che vale molto di più di 10 centesimi

Di Giancarlo Marcotti Lunedi 6 Febbraio 2017 alle 00:44 | 0 commenti

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L'assemblea dell'Associazione "Noi che credevamo nella BPVi" ha radunato al palazzetto dello sport di di Via del cavalieri di Vittorio Veneto oltre 1.000 soci che, in sintesi, hanno dato un responso, almeno nella stragrande maggioranza (qui il video integrale di VicenzaPiu.tv), all'offerta di transazione proposta dalla Banca Popolare di Vicenza. La risposta è stata un secco "no"! L'offerta dei 9 euro è stata definita un'elemosina e, sorprendentemente, anche un uomo di Chiesa, come don Enrico Torta, ha invitato gli azionisti a "non accettare elemosine". Ovviamente ognuno è libero di definire come meglio crede un'offerta come quella avanzata dalle due Popolari venete, che, ricordiamolo, hanno presentato proposte analoghe: 9 euro fissi esentasse per la BPVi (il 14,4% dei 62,5 euro e il 15% "secco dei 60 euro della precedente fissazione di valore da parte degli organi bancari stessi) e per Veneto Banca il 15% del prezzo pagato per la sottoscrizione di sue quote, che nell'arco dei 10 anni suddetti sono state molto più variabili di quelle della Popolare vicentina.

Ebbene voglio ribadire, a scanso di equivoci, che, se personalmente ritengo l'uso di determinati termini, come "elemosina" assolutamente lecito, visto che può anche essere funzionale al rafforzamento della propria posizione all'interno di una disputa, chi fa informazione, tuttavia, oltre a raccontare la verità, deve assolutamente mantenere criteri di obiettività.

Quindi occorre riconoscere che quando le due Banche venete dicono che l'offerta fatta è un "unicum", in pratica che mai prima d'ora era stato offerto un ristoro agli azionisti, ossia ai detentori di ciò che in gergo tecnico viene definito "capitale di rischio", ebbene, dicono la verità.

Riconosciuto ciò, i possessori di questo "capitale di rischio", ovviamente, possono legittimamente considerare l'offerta "un'elemosina" e quindi rifiutarla.

Già nel precedente articolo pubblicato ho affermato che cercare di dare una valutazione "oggettiva" alle azioni BPVi non è solo un lavoro improbo, ma principalmente è un lavoro inutile, ma, tuttavia, non mi sottraggo ad una riflessione personale che mi sento di esternare, e cioè che così come sono stato il primo, anni fa, a sostenere che quelle azioni non valevano 62,5 euro, oggi affermo che non valgono 0,10 euro, bensì molto di più.

Il fatto, però, è che è estremamente difficile attribuire una valutazione "oggettiva" ad un'azienda molto particolare come è una Banca, dato che al di là degli aspetti patrimoniali, quelli sì facilmente calcolabili, il suo valore dipende in maniera preponderante dalla fiducia che essa trasmette ai propri azionisti, ai propri clienti e, più in generale, al Mercato, e tutti possono facilmente comprendere che "prezzare" un aspetto non numerabile come la fiducia non solo è molto difficile, ma estremamente soggettivo (ne abbiamo scrito il 2 febbraio qui).

Finora poi, non abbiamo neppure accennato ad alcuni "benefit" che le due Banche, al di là del ristoro sul quale ci siamo fin d'ora soffermati, hanno offerto ai vecchi azionisti.

Eppure quei benefit meritano anche loro alcune riflessioni, per cui saranno l'argomento del prossimo articolo.


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