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Vicenzo Consoli, CorVeneto: nei verbali accuse a Bankitalia, «Mi dissero: chiami subito Zonin»

Di Rassegna Stampa Venerdi 3 Febbraio 2017 alle 08:56 | 0 commenti

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di Andrea Priante, da Il Corriere del Veneto

«È una valutazione: secondo lei io sono bello? Può darsi che lei mi trovi particolarmente brutto...». È la mattina del 21 ottobre 2016, l'interrogatorio - il primo da quando si trova agli arresti domiciliari - è cominciato da pochi minuti e Vincenzo Consoli si rivolge così al pubblico ministero Stefano Pesci. Prova a spiazzarlo, e lo stesso farà nelle ore successive di un faccia a faccia estenuante tra accusa e difesa. Nella stanza, oltre a Pesci ci sono la sua collega Sabina Calabretta e un maresciallo della guardia di finanza di Roma. Consoli è accompagnato dal pool dei suoi avvocati: Massimo Malvestio, Franco Coppi e Alessandro Moscatelli. È trascorso poco più di un anno dal primo incontro in procura tra l'ex amministratore delegato di Veneto Banca e gli investigatori che lo accusano di aggiotaggio e ostacolo all'attività di vigilanza. Ma all'epoca, il banchiere era soltanto indagato. Stavolta, invece, è «prigioniero» nella sua villa (sequestrata) di Vicenza, misura che gli è stata revocata soltanto martedì.

La battuta sul suo aspetto, in realtà, gli serve come pretesto per spiegare ai magistrati che le decisioni prese da una banca sono soggette a «punti di vista». E su questo tornerà più volte, talvolta per respingere in toto le ricostruzioni dell'accusa, in altri momenti per scaricare la responsabilità sui sottoposti o per giustificare i suoi «non so», perché «se dovessi ricordarmi tutte le operazioni che ho fatto sarei Pico della Mirandola». E in altri, per criticare apertamente il lavoro di Bankitalia.

«La Banca d'Italia sapeva»

Rivisto oggi - per la prima volta attraverso i verbali - quell'interrogatorio permette di ricostruire la visione di Consoli su quanto accaduto in questi ultimi anni a Veneto Banca.

L'ex Ad si difende sostenendo di non aver nascosto nulla a Bankitalia. Sulla quotazione del valore delle azioni, vendute a oltre 30 euro e poi crollate, spiega che è normale. «Le valutazioni dei titoli per le Banche Popolari è più alta del patrimonio netto contabile. Non era un problema di Veneto Banca, era un problema comune a tutto il sistema delle Popolari e non poteva essere sconosciuto alla Banca d'Italia, che continua a fare ispezioni su ispezioni».

«Zonin e il governatore»

Consoli parla a lungo delle manovre per spingere sulla fusione con Popolare di Vicenza. E le mette in relazione proprio con le ispezioni di Bankitalia. L'ex Ad ricorda che «arriva l'ispezione nel gennaio 2013 (...) e la richiesta del Governatore è quella di andare a vedere il credito deteriorato e in base alle nuove regole per quanto riguarda la valutazione delle garanzie». Il Cda si adegua alle direttive, niente di più. Anche perché «non è che in quel momento, la sensazione che Veneto Banca stesse per andare nel precipizio fosse netta». Dall'ispezione, Consoli si aspettava «qualche scapaccione, però le cose tutto sommato non sono male...». Invece a novembre 2013 «arriva un'ispezione eccessiva, non sta nè in cielo nè in terra che Veneto Banca sia trattata in quella maniera lì. Ma la cosa che più mi ha colpito, mi è arrivata anche la lettera del governatore della Banca d'Italia che dice: "Cari signori, non siete capaci, avete un credito che non funziona, finanziate capitale e quindi andate tutti quanti a casa e vi trovate un partner adeguato"». E il partner «si scopre che è la Banca Popolare di Vicenza. Ma per carità, sicuramente è un caso...». A Roma spingono per la fusione. «Il dottor Barbagallo (Carmelo, è il capo del Dipartimento di Vigilanza, ndr ) con forza mi dice che bisogna portare avanti tutto quello che il governatore ha scritto e bisogna farlo di corsa. Era il 19 dicembre, io gli dico: "La prossima settimana è Natale, poi devo andare a Barcellona, quando torno incontro Zonin". Barbagallo mi disse, in maniera esplicita e con forza: "Lei Zonin lo incontra subito"». Consoli ubbidisce e il 27 dicembre vede l'allora presidente della Popolare di Vicenza. «Allora, il dottor Zonin dice: "Cari signori, ho parlato lungamente al telefono con il governatore il quale mi ha detto che l'operazione va fatta"». Secondo Consoli, il piano prevedeva che «nessuno che rappresenti Veneto Banca dovrà entrare nel nuovo Cda». Lui, naturalmente non ci sta: «"La faccio soltanto a queste condizioni", così disse Zonin. (...) Ma tu non puoi estromettere la componente di 80mila soci di Treviso dal governo del nuovo gruppo. Zonin disse, senza mezzi termini: "Signori, facciamo così perché se no telefono al governatore". Tant'è che gli dicemmo: "Scusi, lei potrà anche telefonare al governatore ma sono decisioni che competono a un Cda"».

Quindi, secondo Consoli: Zonin, spalleggiato da Bankitalia, dettava regole penalizzanti per Veneto Banca. Il pm gli chiede cosa voglia intendere, con questo racconto: «Le posso dire che in quel momento PopVicenza sembrava fosse la banca che doveva prendere tutto (...) poi vai a confrontare i dati e si scopre che i numeri di Veneto Banca sono di gran lunga migliori di quelli della Popolare di Vicenza. Però una diventa banca aggregante e l'altra diventa banca vittima...».

I crediti deteriorati

Si parla dei crediti deteriorati. E anche qui Consoli critica i dati di Bankitalia: secondo lui sono inferiori a quelli dichiarati dagli ispettori: «A me è parso che sia stato fatto in maniera un po' sbrigativa, evidentemente (gli ispettori, ndr ) dovevano trovare qualcosa». E in ogni caso, spiega, la decisione se riconoscerli o meno era condivisa: «Cioè, non è che lo vede soltanto Consoli. Lo vede il Cda e il Cda accetta quelle che sono le risultanze di una commissione fatta da più persone e quindi accettiamo una parte delle rettifiche e non ne accettiamo delle altre. Questo è. Ma dire che oggettivamente la Banca d'Italia ha ragione, beh insomma, oggettivamente ...». Di conseguenza, sostenere «che da questo ne discende che il bilancio, e quindi le segnalazioni di vigilanza, erano fasulli, secondo me ce ne va...».

«Ho la coscienza a posto»

I due pm lo incalzano ormai da ore. Si entra nei particolari e Consoli nega di essere «l'uomo solo al comando», quello che prende tutte le decisioni. Parlano di crediti che «non tornano» per un centinaio di milioni di euro. «È chiaro che la banca deve avere sotto controllo ogni cosa, ma su un ammontare di 27 miliardi di crediti ripartiti tra otto realtà di cui alcune estere, cento milioni... cioè possono... lo so che mi gioca contro, ma possono sfuggire o possono non sfuggire. Cioè, voglio dire, ma davvero è mia responsabilità? Voglio dire, io mi sento con la coscienza a posto. Ma davvero può esserci che uno è responsabile oggettivamente di... quanti sono i clienti affidati di Veneto Banca? Quante sono le aziende? Cioè, io devo sapere per filo e per segno tutto? È chiaro che o c'è una responsabilità collettiva oppure qualcosa mi va perdonato, non può essere che il responsabile unico sia Vincenzo Consoli...».

È sera. C'è tempo solo per un paio di domande. Gli chiedono se conosce qualcuno dell'attuale board di Veneto Banca: «Certamente, conosco l'Ad, che è quello che mi ha denunciato. Cristiano Carrus, che ho assunto io...». Ha incarichi in altre banche? «Sono un pensionato, non ho altri incarichi se non quello del pensionato».


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