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Per le banche la fiducia non è molto... è tutto. BPVi e Veneto Banca diventeranno una Banca del Nord Est riconquistando i soci con 9 euro ad azione?

Di Giancarlo Marcotti Giovedi 2 Febbraio 2017 alle 18:23 | 0 commenti

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Per le banche la fiducia non è molto... è tutto. Quindi, quando la perdono, hanno un solo obiettivo: riconquistarla. Sì, ma anche la fiducia ha un suo prezzo, e non solo in senso metaforico. Normalmente un prezzo è la sintesi di una contrattazione, nell'economia classica viene definito come punto d'incontro fra domanda ed offerta. In alcuni casi, tuttavia, il prezzo viene imposto, diventando un diktat: prendere o lasciare. E' il caso delle due ex banche popolari venete che, ricordiamolo, tecnicamente non sono fallite. Al momento, infatti, a perderci dei soldi sono stati solo gli azionisti, quindi Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca si trovano in una situazione diversa rispetto alle quattro banche "commissariate" dal Governo nel novembre del 2015.

Essendo però fallito il piano di ricapitalizzazione per la quotazione in Borsa occorre capire come riuscire a "dare un futuro" a questi due Istituti che, forse è bene ricordarlo, non significa solo dar un futuro a migliaia di lavoratori, ma anche ad una parte importante e produttiva del Paese.

La domanda da porsi, quindi, è: c'è chi è pronto ad investire su una "nuova banca territoriale" in grado di andare incontro alle esigenze di un Nordest ancora attivo e produttivo nonostante la più grave crisi economica del dopoguerra?

Non dimentichiamoci infatti che il nostro territorio non è desolato né è in mano alla criminalità organizzata, ma  tutt'ora la Provincia di Vicenza vanta un tasso di disoccupazione assolutamente in linea con quello tedesco.

La risposta alla domanda che ci siamo posti è: assolutamente sì.

Ovviamente occorre vedere a quali condizioni questi investitori saranno disposti a "rifondare" una Banca Veneta, e, come sempre, è solo o soprattutto una questione di "prezzo".

Ma la risposta affermativa alla prima domanda non può certo ritenersi esaustiva, perché dopo aver detto "sì" al quesito "facciamo?" risulta naturale chiedersi ancora "Sì, ma come?".

Si potrebbe pensare di cancellare totalmente il passato e ripartire con una Nuova Banca (non una Banca Nuova, per carità), che ricominciasse dal "cliente numero uno", ma ovviamente sarebbe come buttare via il bambino con l'acqua sporca.

Non dobbiamo "cancellare" il passato, soprattutto se per la quasi totalità è stato un passato glorioso, ma occorre rifondare una Banca partendo dalle tante cose buone che sono state fatte in passato e che hanno portato prosperità al nostro territorio.

Le Banche venete hanno un patrimonio non solo monetizzabile, ma di conoscenza e professionalità di immenso valore che assolutamente va difeso e salvaguardato.

In altri termini, quindi, direi che occorre "liquidare" il passato, preservando però il tanto di buono che le Banche venete hanno fatto durante tutta la loro storia, per poi guardare al futuro con occhi diversi.

E fra il "tanto di buono" patrimonio delle "vecchie" Banche venete indubbiamente ci sono gli azionisti. Quindi non si può prescindere da un fatto che diventa assolutamente centrale: i vecchi azionisti vanno "liquidati" non solo in maniera equa e proporzionata, ma ricordandoci che solo grazie a loro le Banche venete hanno potuto prosperare per tanti anni.

Eccoci così al punto focale: "l'offerta di transazione" di 9 euro fatta dalla Popolare di Vicenza a coloro che hanno acquistato azioni dopo il 2007, e di 30 euro per i cosiddetti "scavalcati", è una proposta "accettabile"?

E' questa una domanda alla quale cercheremo di dare una risposta in un prossimo articolo.

Leggi tutti gli articoli su: Banca Popolare di Vicenza, Veneto Banca

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