Quotidiano | Categorie: Politica, Fatti

La paura di Zaia sulla SPV: dopo il «diètro frónt» la ritirata?

Di Redazione VicenzaPiù Mercoledi 17 Maggio 2017 alle 19:48 | 0 commenti

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Fermo restando che il diètro frónt della giunta regionale veneta sull’addizionale Irpef da riscuotere per la Superstrada Pedemontana Veneta pone una serie di problemi politici non più differibili per il governatore leghista Luca Zaia, tuttavia c’è un’altra partita ancor più delicata in corso. È quella delle premesse e delle conseguenze del suo annuncio: soprattutto sul piano amministrativo. Zaia, stando a quanto riportato ieri dai media, si guarda bene dal dire che il ricorso all’addizionale Irpef come può essere blandito e poi abbandonato, può essere tranquillamente ri-abbracciato: con una semplice decisione di giunta o con un passaggio ulteriore in consiglio regionale poco importa. Magari dopo la tornata amministrativa di questo giugno. Il che fa supporre che dietro questa boutade ci siano un po’ di calcoli elettorali, fatti in ritardo peraltro.

UN PRESIDENTE ONDIVAGO. Zaia fa un riferimento preciso ad una serie di constatazioni formali che sarebbero state inviate alla Corte dei Conti e all’Anac. Però non dice quali e soprattutto non produce il testo originale nonché l’intero elenco dei destinatari della nuova rendicontazione che a suo parere renderebbe superfluo il ricorso all’addizionale. Un atteggiamento così ondivago ed ambiguo però però presta il fianco ad un filotto infinito di sospetti. Il primo riguarda la tempistica. Stranamente la retromarcia del governatore, della quale nemmeno aveva informato la sua maggioranza, che per questo rischia di diventare sempre più insofferente, arriva dopo la ultima clamorosa bocciatura dell’intero pacchetto Spv giunta dalla sezione centrale della Corte dei conti. Al di là delle ovvie critiche sollevatesi dal variegato fronte del no (che sbarcano anche su YouTube), a preoccupare il governatore evidentemente è l’ampia eco data alla bacchettata dei magistrati contabili da parte di quei quotidiani solitamente molto prudenti nel riferire tutte le critiche al progetto della Montecchio Maggiore Spresiano e di converso molto attenti alle opinioni del fronte del sì. Per di più la recente bocciatura da parte della Corte dei conti è uno smacco anche per la cabina di regia di super-esperti in questioni tecnico-amministrative del quale il presidente della giunta si è dotato in fretta e furia dopo che il commissario governativo alla Spv era stato abolito a fine anno proprio da palazzo Chigi. 


GRANDE IMBARAZZO. Peraltro poche ore dopo la notizia della sciabolata della magistratura contabile Zaia, in evidente imbarazzo aveva parlato di controdeduzioni pronte per essere inviate e di «chiarimenti... precisi e puntuali per ciascuno degli argomenti trattati». Ovviamente nessuno pretende di conoscere l’anteprima di tali controdeduzioni. La questione di fondo però è che né Zaia né la struttura di progetto, pomposamente ribattezzata task force, sono fino ad oggi riusciti a spiccicare la benché minima replica ai micidiali rilievi della Corte dei conti vergati dal magistrato Antonio Mezzera: la toga che delineò con molti anni di anticipo gli oscuri mali del sistema Mose. Sullo sfondo frattanto rimangono alcuni nodi irrisolti che potrebbero, politicamente parlando, addirittura tramutarsi in scorsoi attorno al collo del governatore. Quest’ultimo ad esempio si è ben guardato dal rispondere all’esposto indirizzato dalla società di ingegneria Sics proprio alla Regione: esposto che peraltro descrive anche fattispecie potenzialmente rilevanti sul piano penale.

REPLICA STRIMINZITA. Per vero una replica, seppur striminzita, l’amministrazione l’ha comunque apparecchiata. Si tratta di un documento che Taepile.net può pubblicare in esclusiva, nel quale peraltro il responsabile tecnico della struttura di progetto sulla Spv, l’ingegnere Elisabetta Pellegrini, oltre a poche altre considerazioni non pertinenti rispetto al nocciolo della segnalazione, si limita a dire di quest’ultimo che «non si comprende chiaramente nella esposizione». Un po’ poco per una quella task force di super-esperti che quasi declamata alla stregua di un dream-team tecnico-giuridico, dovrebbe risollevare le sorti di una Pedemontana Veneta oggi sull’orlo dell’abisso.

L'OMBRA DI IMPREGILO. L’altra spada di Damocle che pende sul capo di palazzo Balbi riguarda invece il possibile contenzioso derivante dalle richieste di Salini-Impregilo, uno dei soggetti che partecipò alla gara per la realizzazione del progetto Spv e che fu esclusa dopo un lungo contenzioso giudiziario con Sis, risultata alla fine l’aggudicatrice. In soldoni Salini ritiene che il nuovo accordo giuridico-economico tra Sis e Regione Veneto (del quale a quanto se ne sa è stato votato in giunta solo lo schema ma senza la firma dei privati e senza che la sottoscrizione tra le parti sia avvenuta davanti a un notaio) imponga alla Regione la stipula di un nuovo bando. Il motivo? Sono profondamente mutate le condizioni iniziali. Di questa magagna i media veneti hanno parlato in un paio di occasioni.

Nel merito però nessuno si è soffermato sul dettaglio dell’atto redatto da Salini: in gergo giuridico si tratta di un atto di intimazione e diffida, già al protocollo regionale col progressivo numero 101061 in data 13 marzo 2017 (del quale Taepile.net può mostrare in anteprima una copia integrale): «Si intima alla Regione Veneto... - sta scritto in quelle carte - di revocare in autotutela tutti gli atti eventualmente già illegittimamente adottati» e si «diffida la Regione in persona del Presidente e legale rappresentante dal procedere all’adozione di qualsivolglia ulteriore atto finalizzato alla modifica del rapporto concessorio con il Consorzio Sis per la Pedemontana Veneta». Si tratta di parole che pesano come macigni anzitutto per questioni di ordine giuridico. Le parole usate dall’amministratore delegato di Impregilo Pietro Salini costituiscono la formula di rito in forza della quale in presenza di una asserita inerzia del soggetto cui la doglianza viene indirizzata si procede poi con un ricorso alla magistratura amministrativa.

GRANE LEGALI. Ovvero la legge infatti, soprattutto quando ci si può permettere uno stuolo di luminari del diritto amministrativo come può permettersi un gigante quale è Salini, non solo permette di impugnare uno o più atti. Ma permette di portare davanti al giudice amministrativo anche il soggetto che si ritiene colpevole di una o più inerzie. Di più, l’eventuale mancato adempimento di alcuni obblighi, soprattutto a fronte di continui, formali e ripetuti avvisi, può costituire la premessa anche per inchieste penali da parte delle procure competenti: a partire da quella di Venezia. A questo punto sul tappeto rimane una domanda. Se ciò che scrivono i quotidiani è corretto Zaia afferma di avere sottoposto la nuova rendicontazione scaturita dall’abbandono della addizionale Irpef sia all’Anticorruzione che alla Corte dei conti. Spiegando che è in attesa di una risposta di questi ultimi e che al contempo spera che avuto in poche settimane il nulla osta dei due destinatari riprenderà l’iter firmano l’intesa col privato.

SPV IN GHIACCIAIA? ALEGGIA LO SPETTRO. Ma che cosa succederà se i due enti chiamati a vagliare il rendiconto, sempre che tale iter sia in linea con la legge, si prenderanno mesi su mesi o se addirittura bocceranno la revisione della precedente proposta? Zaia dirà che è colpa di Roma? Per caso si è costruito le condizioni politiche per mettere in ibernazione sine die un progetto che ha un orizzonte sempre più fosco icasticamente ribattezzato dalle opposizioni «Spv Game over»? Più che in un cul de sac la Spv oggi pare una strada senza uscita, una strada chiusa. Dal dietro front alla ritirata il passo è breve.

Marco Milioni
da Taepile.net del 17 maggio 2017

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