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Il sabato delle filiali aperte per transazione BPVi e Veneto Banca, CorVeneto: «Firmi qui». Fra gli azionisti molti i rassegnati ma con... dignità

Di Rassegna Stampa Domenica 12 Marzo 2017 alle 10:36 | 0 commenti

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di Andrea Priante e Nicola Zanetti, da Il Corriere del Veneto
Venti minuti. Il tempo di ascoltare le spiegazioni di una «cortesissima impiegata» che poi indica un paio di punti su un foglio. «Firmi qui e qui».

È fatta. Elisabetta Gallucci esce da una filiale vicentina di Veneto Banca con la stessa rabbia di quando è entrata ma almeno con la promessa di qualche soldo in più. Accompagnata dalla figlia avvocato, ha deciso di aderire all'offerta di transazione. E l'ha fatto ieri, con gli uffici aperti anche di sabato (si andrà avanti fino al 22 marzo), proprio per favorire i clienti disposti ad accettare l'offerta (il 15% del prezzo pagato per ogni azione) e chiudere i possibili contenziosi. «Dieci anni fa avevo comprato 8mila euro di titoli Veneto Banca, ora me ne daranno un migliaio», racconta questa casalinga di 68 anni. Soddisfatta? «Non avevo scelta.

La funzionaria che mi aveva proposto l'investimento era un'amica, mi fidavo. Qualche mese dopo ho chiesto di vendere ma lei me l'ha sconsigliato, diceva che non mi conveniva. Il risultato è che mi ritrovo qui, con azioni pagate oltre 30 euro che oggi valgono 10 centesimi...».

Sono 142 le filiali di Veneto Banca rimaste aperte ieri in tutta Italia, 52 nella nostra regione. Stessa decisione per la Banca Popolare di Vicenza, con cento uffici in attesa di accogliere i soci. In ballo c'è la decisione più delicata, quella se accettare o meno il rimborso riservato a chi ha acquistato azioni negli ultimi 10 anni.

All'interno, il direttore controlla che tutto proceda senza intoppi. Finora nessuno ha fatto scenate. «I soci stanno dimostrando molta dignità», spiega. «Ho dato un unico ordine ai miei collaboratori: non forzare nessuno a sottoscrivere l'accordo. Spieghiamo le condizioni e poi lasciamo gli azionisti liberi di decidere». Un cliente esce con lo sguardo basso: «Avrei preferito che usassero le stesse cautele nel 2007, quando mi hanno convinto a comprare le azioni». Non ha firmato. «Mi sono preso ancora qualche giorno per decidere. Ma la verità è che non ho scelta: sottoscriverò questa proposta, vedrà che quasi tutti, alla fine, la sottoscriveranno».

Alberto Berti accompagna sua madre Giulia che ha 78 anni e 1.500 azioni. Anche lei rinuncerà a fare causa. «Ma quando passo davanti alla villa di Vincenzo Consoli mi sale una rabbia...».

A tre minuti d'auto da lì, c'è il quartier generale di PopVicenza. «Mi sono dovuto arrendere», dice un azionista mostrando i fogli appena firmati. Gli hanno offerto 9 euro per ciascuna delle sue 160 azioni. Nel 2013 le aveva pagate 62,5 euro. «È uno zuccherino, quel che mi stanno offrendo, me ne rendo conto. Ma credo sia giusto accettare, altrimenti la banca rischia di fallire e sarebbe una catastrofe».

Spunta una dipendente. Alle sue spalle, i cartelli con su stampato lo slogan che dovrebbe servire a tranquillizzare i clienti: «Ripartiamo da qui. Il minimo che possiamo fare è darti solo il massimo». Il funzionario sembra soddisfatto: «Sta andando bene. Nessuno ha dato di matto. Il tempo della rabbia, dei clienti che ci coprivano di insulti, per fortuna è finito. Ora è il momento della rassegnazione».

A Treviso, nella grande filiale di Veneto Banca aperta a ridosso delle mura antiche, sembra una processione di pazienti che vanno a ritirare i referti medici. Ma qui il responso è sempre negativo e per molti combattere non ha più senso. Dal bussolotto d'entrata esce Silvana, 60 anni e una storia paradossale: «Sono azionista, come le mie tre figlie. E pensi che una di loro lavora proprio qui dentro. Si immagini come vive questa situazione, e come la viviamo noi familiari». Tace per pudore, facendo solo intravedere il dramma di chi si deve sentire tutt'ora in colpa per aver involontariamente trascinato i propri cari nel tunnel. Due ragazze la raggiungono all'esterno. Hanno appena firmato l'adesione all'offerta di rimborso. «Nel mio caso si trattava dell'equivalente di qualche stipendio, non aveva senso impelagarsi con gli avvocati» ammette una. La mamma invece non ha sciolto le riserve: «Non mi sento ancora sicura, le soluzioni che mi hanno proposto sembrano poco convincenti. Non escludo la strada della causa legale». Proprio lo spettro contro il quale combattono i vertici delle ex popolari in questi sabati di apertura straordinaria. A Veneto Banca giocano al rilancio: non solo rimborso, ma anche tassi favorevoli sui prodotti finanziari e mutui agevolati.

La maggioranza firma. Come Mauro, che da Casale sul Sile è arrivato fin qui per mettere quella benedetta sigla. «Non ho più la forza di arrabbiarmi - sibila - ho speso troppo in avvocati, non potevo fare altro che cedere». Anche per lui la vergogna è un freno nel rivelare quanto ha perso. «Tanto, troppo. Uno schifo». Altro cliente, altro firmatario a denti stretti: «Guardi, nel mio caso parliamo di oltre 500mila euro andati in fumo».

Cambiano le cifre ma le storie si somigliano tutte. E il sabato delle filiali aperte scivola via, tra rabbia e rassegnazione, tra chi bestemmia e chi prega che tutto vada bene.


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