Il prof. Gullino ha tenuto un incontro seminariale in occasione del 220° anniversario dell’ammaina bandiera della Repubblica veneziana
Venerdi 12 Maggio 2017 alle 12:34 | 0 commenti
Oggi il Consiglio regionale del Veneto si è riunito in seduta straordinaria, su richiesta di un quarto dei suoi consiglieri, per celebrare il 220° anniversario dell'ammaina bandiera della Repubblica di Venezia, avvenuta il 12 maggio 1797, data che segna la fine della Serenissima dopo undici secoli di storia gloriosa e centoventi dogi. In occasione di questa importante ricorrenza, il professor Giuseppe Gullino, ordinario di Storia Moderna presso l'Università degli Studi di Padova, ha tenuto un incontro seminariale ricostruendo e inquadrando, dal punto di vista storico, le ‘ultime ore' della Repubblica di Venezia e le vere ragioni che portarono alla caduta della Serenissima.
"A partire dal 17 febbraio 1796 - esordisce nella propria ‘Lectio Magistralis' il professore - quando l'ambasciatore francese, Jean Baptiste Lallement, chiese udienza al doge per annunciargli che centomila repubblicani stavano per discendere in Italia, il ché segnava la fine della Repubblica di Venezia. Qualche settimana dopo, il Direttorio affidò il comando dell'armata francese in Italia al giovane Napoleone Bonaparte che, il 20 marzo 1796, spinto dalla forte motivazione di primeggiare agli occhi dei propri connazionali tra i signori della guerra d'oltralpe, che si stavano contendendo il potere, assunse il comando di 45mila uomini e li seppe condurre alle vittorie sui piemontesi prima, e successivamente sugli austriaci, aprendosi così le porte di Milano. Venezia, allora, con il nemico ormai alle porte, prese la scelta sbagliata: per paura di essere fagocitata dagli austriaci che la circondavano, optò per la neutralità disarmata, anziché per quella armata. Il 30 maggio, Napoleone ruppe infatti gli indugi, passò il Mincio in direzione di Verona, portando di fatto la guerra nelle province della Serenissima e causando, per lunghi mesi, immani sofferenze ed abusi nei confronti della popolazione locale. Fino al 17 aprile 1797, quando Bonaparte arrivò davanti al porto del Lido, cui seguirà la dichiarazione di guerra alla Repubblica veneziana e la resa finale, con l'abdicazione votata dal Maggior Consiglio e il conseguente passaggio dei poteri a una Municipalità provvisoria".
"La regia della resa - puntualizza il prof. Gullino - è da attribuirsi all'ultimo doge, Ludovico Manin, di origini toscane, che prese la sofferta decisione di abdicare per evitare ulteriori sofferenze al proprio popolo. Probabilmente, la Serenissima avrebbe potuto sopravvivere cercando protezione in Dalmazia, ma tuttavia sarebbe finita con il rimanere ostaggio degli austriaci. Ma soprattutto, le vere ragioni storiche dell'abdicazione della Repubblica di Venezia, risiedono nella ferma volontà del patriziato di non abbandonare le proprie ricchezze, terreni e immobili che si trovavano in terraferma, nelle campagne del Trevigiano e del Padovano, cosa che rendeva impraticabile la ‘fuga' in Dalmazia".
Il prof. Gullino sottolinea come "Ludovico Manin, il notaio della fine della Serenissima, l'ultimo doge, venne additato dalla Storia come un uomo debole, codardo e incapace; il popolo, che prima lo aveva plaudito, lo accusò di tradimento, ma la scelta che compì deve essere rivalutata proprio dal punto di vista storico, in quanto contribuì ad evitare un probabile, e inutile, ulteriore spargimento di sangue. Manin quindi, anche se avrebbe potuto trovare riparo nei suoi feudi friulani, a Passariano, tuttavia non abbandonò Venezia, neppure quando la crisi economica morse duramente, ma accettò la solitudine e rifiutò qualsiasi altra carica che gli venne offerta. Si rifugiò nei posti più reconditi della laguna, non mise più piede in piazza San Marco, ma alla sua morte lasciò le proprie ingenti ricchezze al popolo veneziano, riscattando così l'ingeneroso e frettoloso giudizio che la storia e i veneziani gli affibbiarono".
"L'ammaina bandiera del 12 maggio 1797 - conclude il professore Giuseppe Gullino - fu un'operazione quindi giustificabile, ma certamente umiliante. Soprattutto, la Repubblica Veneta fu condannata dalla Storia, non perché sconfitta da una potenza troppo soverchiante, come quella francese, che da lì a poco avrebbe conquistato l'Europa, bensì per non aver combattuto fino alla fine con dignità , quindi per la forma della sua caduta, non per la caduta in sé stessa, che era ormai inevitabile".
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