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Il Fatto: Unicredit spaventa la Borsa, patrimonio sotto i livelli Bce. Svalutata la quota in Atlante e servono 13 miliardi

Di Rassegna Stampa Martedi 31 Gennaio 2017 alle 09:40 | 0 commenti

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Francoforte svela le vecchie debolezze della banca che si prepara all'aumento di capitale da 13 miliardi: nel 2016, 12 miliardi di perdite per la pulizia di bilancio (e svaluta la quota in Atlante) 

Chi si fosse messo l'animo in pace dopo l'annunciata nazionalizzazione del Monte dei Paschi di Siena, ieri ha avuto modo di ricredersi, trascinato di nuovo nel gorgo dei problemi bancari da Unicredit, prima Banca del Paese. Ieri il rirolo ha chiuso in Borsa a -5,4 per cento, trascinando al ribasso il resto del listino. A innervosire il mercato, l'accelerazione impressa all'aumento di capitale, che dovrebbe partire già lunedì prossimo. Un'operazione maggiore di quella della banca senese, 13 miliardi contro gli 8,8 di Mps, e altrettanto delicata in termini di sofferenze (i crediti inesigibili) da vendere, svalutazioni di bilancio e deficit di patrimonio. Ieri si è riunito un consiglio di amministrazione straordinario per esaminare i risultati 2016, e la Consob ha approvato il documento di registrazione predisposto dalla banca, in base al quale azionisti e investitori dovranno valutare l'opportunità di mettere i loro soldi nell'operazione.

Il consiglio si riunirà di nuovo domani per stabilire le condizioni dell'aumento. Vista l'aria che tira, gli analisti stimano uno sconto fino al 40% sul prezzo teorico dell'azione post aumento.

Conti in rosso. Dai conti di ieri viene fuori che il 2016 si chiuderà con un rosso da 11,8 miliardi. Sul risultato incidono, ha spiegato l'istituto guidato da Jean Pierre Mustier, anche "una serie di ulteriori svalutazioni una tantum, pari a circa 1 miliardo", che si è deciso di contabilizzare nell'esercizio 2016. In particolare, una maggiore svalutazione della quota nel Fondo Atlante (quello servito a salvare, con 3,5 miliardi la banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca), per cui l'istituto si è impegnato a versare 845 milioni di euro; la svalutazione di altre partecipazioni e di imposte differite attive e dei contributi straordinari al Fondo di Risoluzione Nazionale, che è un'altra stampella finanziaria per il claudicante sistema credito italiano.

Nel documento consegnato alla Consob viene evidenziato che una sottoscrizione parziale dell'aumento potrebbe determinare "significativi impatti negativi sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria" della banca "fino a compromettere la sussistenza dei presupposti per la continuità aziendale". Se ciò dovesse verificarsi, Unicredit potrebbe subire interventi "anche invasivi" da parte della Bce come ad esempio, "l'imposizione di restrizioni o limitazioni dell'attività e/o la cessione di attività che presentassero rischi eccessivi per la solidità". In caso di mancato ripristino dei requisiti patrimoniali potrebbero infine applicarsi gli "strumenti di risoluzione". Si tratta del, sempre efficace, spettro bail-in. Dal documento emerge inoltre che ci sono 12,8 miliardi di euro di richieste nel contenzioso di natura giudiziaria nei confronti dell'istituto. Per queste richieste, il cui ammontare Unicredit definisce "scarsamente indicativo", la banca ha accantonato 661 milioni.

Vigilata speciale. La vigilanza Bce tiene il fiato sul collo dell'istituto: sette ispezioni quest'anno, di cui quattro tra settembre e novembre scorso. Uno dei punti più dolenti è, al solito, quello delle sofferenze. Il gruppo guidato da Jean Pierre Mustier, che conta 51 miliardi di euro di sofferenze lorde, ha già siglato due accordi, con Fortress e con Pimco, per cederne un totale di 17 miliardi dopo averle svalutate al 25% del prezzo nominale (da qui le perdite, che impattano sull'ultimo trimestre del 2016). Francoforte chiede però alla banca di presentare un ulteriore piano di dismissioni di sofferenze entro il 28 febbraio. Il faro Bce è puntato inoltre sul capitale di vigilanza, che fino a quando non sarà completato l'aumento sarà sotto i requisiti richiesti. "Sussiste il rischio che le azioni del Piano strategico non siano in grado di fronteggiare adeguatamente i profili di debolezza riscontrati dalla Bce", scrive la banca. L'aumento di capitale, insomma, è indispensabile per mettere in sicurezza la banca.

Euro-sofferenze. A dimostrazione che il problema dei crediti inesigibili non è solo una faccenda italiana, e che sia sensato affrontarla a livello europeo, ieri il presidente dell'autorità bancaria europea (Eba), Andrea Enria, ha riproposto l'idea di una società di gestione europea - una bad bank - che possa affrontare la massa di 1.000 miliardi di euro di sofferenze degli istituti del Vecchio continente. Secondo Enria, che ha illustrato il progetto a una conferenza in Lussemburgo, questo soggetto acquisterebbe i crediti valore di mercato, più basso rispetto a quello messo a bilancio dalle banche, compensando però le perdite. Nel caso però la bad bank non riuscisse poi a cedere questi crediti in un tempo fissato (per esempio tre anni) allora le banche dovrebbero riprendersi le sofferenze e assorbire in toto le perdite, facendo scattare la ricapitalizzazione preventiva, quindi il bail-in con perdite per azionisti e obbligazionisti. Insomma, un modo per guadagnare tempo, di fronte invece a un problema enorme.

di Marco Maroni , da Il Fatto Quotidiano

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