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Giorno della Memoria, la lettera ideale di due testimoni

Di Paola Farina Giovedi 26 Gennaio 2017 alle 08:59 | 0 commenti

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Siamo David Levin e Sarah Coen, due ventenni ebrei, polacchi, perseguitati e assassinati durante la Seconda Guerra Mondiale, morti di stenti e sofferenze nei Campi di Sterminio (qui ci sono delle immagini su cui riflettere). Dopo la nostra morte, pensavamo che i nostri parenti potessero cercarci, almeno per dedicarci una lapide, purtroppo non ci hanno cercato perché tutte le nostre famiglie sono state sterminate, di noi non è rimasto un superstite, l’unica traccia si trova allo Yad Vashem. Prima della guerra stavamo bene, in pochi attimi abbiamo perso casa, amici, parenti, abitudini, colleghi di lavoro, desideri di evasione, religione.

Io, Sarah sono stata rinchiusa a Treblinka, io David a Dachau. Almeno ci avessero regalato la gioia di morire mano nella mano. Vi scriviamo dall’aldilà perché siamo stanchi di vederci violentati ancora una volta, le nostre gambe e le nostre braccia sono pesi morti, quel piccolo muscolo grande come il palmo di una mano che si chiama cuore non pulsa più, la nostra pancia non ci fa più male, la nostra schiena è piegata dalle frustate, il nostro viso è tumefatto, le nostre dita non possono più disegnare cerchi nell’aria, non respiriamo più perché siamo morti. La nostra anima è viva e dall’aldilà vogliamo dirvi che una volta ci faceva piacere essere ricordati, ma da alcuni anni ci stiamo incazzando. Dall’inizio delle leggi razziali e fino ad aprile del 1945 siamo rimasti isolati dal mondo intero, Croce rossa e Vaticano sapevano ma ci hanno lasciato morire, ora veniamo a sapere che mille sigle politicizzate ci ricordano, ma non muovono mai una foglia per dare una mano agli ebrei vivi. Nei campi di sterminio, c’erano Zingari senza distinzione di etnia, Ebrei, Testimoni di Geova, Obiettori politici, Asociali, Disabili, Gay, pochissimi musulmani per via di quel figlio di buona donna di nome Muhammad Amīn al-Ḥusaynī, zio di Arafat che nel 1943 reclutò musulmani bosniaci, incorporandoli nella 13° Divisione Handschar prima e poi nella sub divisione Hanjar (in turco significa scimitarra), a partire dal 1944 sterminò il 90% degli Ebrei in Bosnia. Noi, che vi stiamo parlando dal cielo, siamo poco tolleranti alle sigle e alle bandiere che fanno finta di onorarci, in modo particolare a quella palestinese, non per razzismo, ma per coerenza con quanto avvenuto, bandiera spesso presente nelle vostre piazze e fuori posto più di tutte le altre. Cari falsi sostenitori voi non eravate nei campi di sterminio con noi a mangiare cacca e pane, a subire esperimenti, violenze e umiliazioni, a lavorare fino alla morte. Volete insegnare la memoria e non siete nemmeno capaci , chiamate Olocausto la storia perché così una volta qualcuno ha deciso, ma olocausto è un brutto termine, anche tra di noi lo si usa ed abusa, nessuno ha voluto andare a fondo nel suo significato, poi i media hanno trasformato l’olocausto in Shoà, anche questo termine è impreciso, trae la sua derivazione dalla lingua ebraica השואה, HaShoah, che significa catastrofe, distruzione. Traendo origini dall’ebraico riguarderebbe solo gli ebrei, ma il termine più giusto è Memoria. Sara ed io abbiamo deciso, di comune accordo, che vogliamo rimanere fuori da questa Memoria, che ci onora solo il 27 gennaio e ci offende e umilia tutti gli altri giorni dell’anno. Anche la nostra amica Paola sbaglia, perché accosta il termine Shoà alla disperazione degli iazidi e dei cristiani, ma bisognerebbe trovare un nuovo nome, pur condividendo le atrocità verso il popolo iazida e la discriminazione dei cristiani d’oriente, non ci sta bene che venga usato il nostro, non è una questione di nome o di polemica, ma una realtà storica diversa e non assimilabile, per impostazione e ideologia con quella da noi subita: la accomuna una sola cosa, in altre parole sta accadendo, di nuovo, sotto gli occhi ciechi di tutto il mondo, compreso quello politico. L’emigrazione: una nuova shoà, no, non perché nei migranti non ci sia una sofferenza, perché la loro è una libera scelta, a volte giustificata, molte altre no, la nostra è stata una imposizione da un tale Adolfo ed appoggiata dai collaborazionisti, vuoi che fossero francesi o italiani o che altro. Noi vi chiediamo nel nome delle nostre sofferenze, delle sevizie che abbiamo subito di dimenticarci per tutto l’anno, perché non sappiamo che farcene di una memoria strumentalizzata a fini politici e personali, non sappiamo che farcene degli alberi che piantate in nostro onore, in un parco senza sorveglianza… E poi, per favore, siate dignitosi e smettetela di farvi i selfies davanti ai posti dove ci hanno massacrato. Guardate qua i vostri capolavori, ma dove credete di essere, ignoranti, a Gardaland? Noi, i nostri cari, ebrei e non, quelli che ci conoscono e ci amano per tutto l’anno, delle vostre ventiquattro ore di affetto-effetto strumentalizzato ce ne infischiamo. So che alcuni miei amici Simona, Flaminia, Vivienne, Cely, George, Sergey non saranno d’accordo con me, ma so anche che Dov, Denise, Gadi, Celeste, Abramo, Benjamin saranno d’accordo con me, perché noi siamo prima di tutto una grande famiglia, con mille sfaccettature, mille opinioni, caciaroni o riservati. Qualunque sia il percorso che voi decidiate di fare contro di noi, sarà un fallimento, per quanto voi cerchiate di dividerci, non ci riuscirete mai, perché noi, anche nel dissenso cerchiamo sempre un punto di coesione. Sì, è vero, qualcuno di noi sta con voi, ma noi ve li regaliamo perché stiamo bene anche senza Gad e senza Moni… Avete inutilmente cercato di annientarci da sempre, ma non riuscirete mai a rubarci i colori, i sogni, l’amore, i nostri profumi, la forza dei nostri dolori, la nostra ottusità e la nostra trasgressione, la nostra voglia di vivere e di ricostruire: ci disprezzate per colpa della vostra ignoranza, non avete mai voluto conoscerci. Non potete addebitarci la colpa del vostro non voler guardare dentro la nostra anima. Grazie, per averci letto e noi ora ritorniamo in cielo a giocare con gli Angeli.


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